Museo Didattico Fiorini

I want you for U.S. army: commento al manifesto propagandistico.

Questo manifesto è stato prodotto dallo Stato americano nel 1917, in concomitanza con l’entrata in guerra nel primo conflitto mondiale. Esprime un messaggio chiaro e diretto mediante un’immagine e un testo sottostante. Invitando l’America tutta a prendere una posizione per quanto concerne il conflitto mondiale in corso, lo Stato esorta i cittadini ad arruolarsi nell’esercito statunitense. La scritta “I want you for U.S. Army” ribadisce con forza la necessità di una mobilitazione massiva della popolazione maschile del paese. Ed è proprio l’austero Zio Sam, rappresentazione personificata degli stessi Stati Uniti fin dall’epoca della Guerra di secessione, abbigliato secondo tradizione con elementi che rimandano alla bandiera americana (tra cui un cappello a cilindro con stelle bianche su campo blu), a puntare il dito verso l’osservatore, facendolo sentire l’effettivo destinatario del messaggio. Tutti i colori presenti nel manifesto rimandano alla bandiera statunitense: nell’immagine di Uncle Sam, nella scritta sottostante, nei bordi del poster.  Il manifesto è stato realizzato da James Montgomery Flagg che ha utilizzato il suo stesso volto, in parte modificato, per ritrarre lo Zio Sam, e si è servito del veterano Walter Botts come modello. Flagg, nel corso del conflitto, produsse ben 46 manifesti di propaganda per il governo americano, molti dei quali includevano lo Zio Sam. L’autore si è ispirato, in questo caso, ad un manifesto del 1914 realizzato in Inghilterra per il reclutamento dei soldati in cui veniva ritratto il generale Horatio Herbert Kitchener che, con l’indice puntato, invitava gli inglese ad arruolarsi.  La figura di uncle Sam verrà utilizzata per reclutare soldati anche nella Seconda Guerra Mondiale.  R. Selmi – cl. V A Istituto Professionale

Britishers, you’re needed: commento al manifesto propagandistico.

Il manifesto, composto da immagine e testo, è stato realizzato da Lloyd Meyers nel 1916 per l’Esercito Britannico allo scopo di richiamare in patria, per prendere servizio sotto le armi, uomini inglesi che erano migrati in America negli anni immediatamente precedenti lo scoppio della guerra. Il target di riferimento è dunque proprio quello di giovani uomini di origini britanniche trasferitisi oltreoceano. L’immagine veicola chiaramente il messaggio: un soldato inglese, rappresentato in divisa e con un’arma in pugno in primo piano, di notevole grandezza, collocato sopra l’immagine di Gran Bretagna e Francia (potenze in effetti alleate durante la Prima guerra mondiale), porge la sua mano destra ad un uomo in abiti civili rappresentato sopra gli Stati Uniti, con l’intento di trascinarlo saldamente verso sé. Il testo “britishers you’re needed” e “come across now” completano verbalmente il messaggio comunicato dalle immagini. A livello spaziale, il soldato è collocato in una posizione più alta rispetto al civile che, con la sua gamba destra piegata in avanti come a voler compiere un passo, sembra accettare la richiesta degli inglesi. Questo secondo personaggio simboleggia tutta la sua categoria ed è rappresentato, non a caso, con abiti blu, bianchi e rossi (cravatta) che richiamano la bandiera statunitense. Tra i due si interpone l’azzurro intenso dell’oceano Atlantico, che sarà teatro poco tempo dopo, al largo delle coste europee dell’affondamento del transatlantico Lusitania, che velocizzerà la scelta americana di prendere parte al conflitto direttamente.  Agnese Rimoldi – cl. V A Istituto Professionale 

La bestializzazione del nemico: analisi immagine propagandistica.

Il messaggio di questa immagine propagandistica è rivolto alle potenze europee opposte ad Austria e Germania e ai cittadini britannici nell’intento di comunicare un’immagine disumanizzata del nemico tedesco che aveva scatenato la Prima guerra mondiale. L’immagine è stata dunque evidentemente prodotta nel corso della prima fase del conflitto. Il suo fine è quello di rappresentare i tedeschi in forma “bestializzata”: essi vengono ritratti come animali, nello specifico come maiali, operando una scelta molto efficace dal punto di vista comunicativo. I maiali sono associati, nell’immaginario comune, alla sporcizia, al fango e sono oltretutto onnivori, possono nutrirsi perfino della carne e delle ossa di un uomo. Della loro natura umana restano nell’immagine soltanto elementi accessori come gli occhiali, il tipico copricapo tedesco e un gagliardetto appeso alla coda del maiale in primo piano. Essi stanno aggredendo una figura femminile che giace a terra in una pozza di sangue; ella rappresenta l’infermiera britannica Edit Cavell, divenuta personaggio ricorrente nella propaganda britannica, la quale aveva aiutato entrambe le fazioni militari in Belgio e che perciò era stata giustiziata. Le dimensioni e la posizione dei maiali rispetto alla figura umana rendono l’idea dell’oppressione tedesca sull’Inghilterra e sulle altre potenze europee e la presenza stessa dell’infermiera uccisa rimanda al tema della partecipazione femminile al primo conflitto mondiale che in molti casi vede le donne propriamente impegnate nel soccorso ai militari feriti. Ma nella loro stessa natura questi maiali rivelano un altro messaggio importante: di questi animali, com’è noto, si può mangiare praticamente ogni parte. Dunque il nemico tedesco, per quanto attualmente incombente, può essere disintegrato dalla potenza militare dell’Intesa.  Le scelta dei colori vede un rosa predominante nei maiali, il bianco nella figura dell’infermiera (sia il suo viso che il suo abito appaiono candidi, ad esprimere innocenza) ed il rosso del suo sangue versato a terra. L’autore di questa immagine altamente evocativa è Louis Raemaekers, un disegnatore e vignettista olandese noto per il suo pungente umorismo anti-tedesco.  Vito Pagano – 5° A

Women! Help America’s sons win the war: commento al manifesto propagandistico.

Questo manifesto, datato 1917, è stato realizzato da R. H. Parteous su richiesta del governo americano per promuovere la raccolta di fondi a sostegno della guerra. Al centro dell’immagine notiamo la presenza di una donna abbigliata secondo la moda del tempo, in piedi davanti alla bandiera statunitense, sullo sfondo cupo e inquietante di un oceano travolto dalla tempesta nel quale si riconoscono sagome di soldati uccisi e, in lontananza, i fuochi della battaglia. Soffermandosi sulla donna vediamo che ha le braccia aperte e tese in avanti, come a voler aiutare e sostenere qualcuno. Il suo volto è disteso, sorridente e rassicurante e sopra di lei la scritta “Women! Help America’s sons win the war” completa il messaggio: il manifesto infatti si rivolge proprio alle donne chiedendo loro di fare la propria parte nello sforzo bellico americano per supportare i soldati, in qualche modo figli di tutte le donne del paese, a sconfiggere il nemico. Alludere ai soldati come a dei figli amplifica l’effetto del messaggio perché fa leva su di un’emozione che certamente poteva convincere le donne: il senso di responsabilità per il destino dei figli della nazione impegnati nel secondo conflitto mondiale. Nella parte più in basso del manifesto troviamo chiarita la natura di questo aiuto richiesto alle donne: dovrebbero infatti acquistare alcuni titoli di Stato per finanziare economicamente la guerra.  La data 1917 e la natura del messaggio ci riportano al momento dell’ingresso degli Stati Uniti nella Prima guerra mondiale accanto alle forze dell’Intesa, a seguito dell’affondamento del transatlantico Lusitania.  Valentina Lamesta – cl. V A Istituto Professionale

Cacciali via, sottoscrivete il prestito: analisi del manifesto propagandistico.

Questo manifesto, a differenza di molti altri dell’epoca che miravano ad arruolare sempre più soldati da inviare al fronte, si pone l’obiettivo di esortare la popolazione italiana a sottoscrivere prestiti indispensabili allo Stato per sostenere i costi bellici, mediante un’illustrazione e un testo scritto. Nell’immagine, realizzata da Ugo Finozzi, appare un soldato italiano pronto all’azione, che si protende verso la guerra, armato di una baionetta, con un viso serio e coraggioso; la sua figura è collocata su una sorta di piedistallo grigio che fa da sfondo alla scritta, come se ancor prima del suo sacrificio egli stesso possa considerarsi un eroico monumenti ai caduti di guerra. Egli è rappresentato su uno sfondo che rimanda all’immagine dei fuochi della battaglia, alle fiamme, agli scontri militari. Una donna alle sue spalle sembra spingerlo all’azione. L’immagine comunica dunque che lo sforzo ed il sacrificio dei soldati italiani è volto alla protezione della popolazione civile, rappresentata dalla donna e dal bambino che tiene tra le braccia, le cui espressioni trasmettono orrore e paura. Ma affinché il soldato possa realmente “cacciare via” il nemico austro-tedesco è necessario che tutto il popolo italiano acconsenta ai prestiti di guerra, così da garantire allo Stato italiano il necessario finanziamento. Ciò ci rimanda ad un aspetto caratteristico della Prima guerra mondiale, ovvero alla mobilitazione generale della popolazione civile per il conflitto: in effetti, mentre il soldato si troverà in trincea sarà compito della donna sostituirlo nelle sue mansioni lavorative. Si notano con evidenza i colori della bandiera d’Italia presenti.  M. Del Vita – cl. V A

Your country needs you: commento al manifesto propagandistico.

In questo manifesto propagandistico inglese, che unisce immagine e testo, vediamo rappresentato Lord Horatio Herbert Kitchener, Segretario di Stato per il conflitto, eroe di guerra e fine stratega, che, indossando il copricapo da feldmaresciallo e presentandosi con i mustacchi tipici del look maschile della sua generazione, con sguardo serio, deciso e sopracciglia aggrottate punta il dito verso lo spettatore chiamandolo al suo dovere: partecipare alla guerra, evidentemente arruolandosi nell’esercito britannico, per sostenere il proprio paese. Il target di riferimento è certamente da individuarsi nei giovani ragazzi britannici, ma l’affermazione “your country needs you” potrebbe anche essere rivolta a tutta quella popolazione civile che partecipa al conflitto senza tuttavia trovarsi al fronte: il riferimento potrebbe essere dunque ad una necessaria mobilitazione sociale generale al fine di sostenere lo sforzo bellico. Questa illustrazione è stata prodotta dall’artista Alfred Leete ed è stata pubblicata per la prima volta sulla copertina del settimanale London Opinion, in data 5 settembre 1914. Nel giro di breve tempo, per volere del Comitato Parlamentare di Reclutamento, tutte le vie inglesi vennero tappezzate con manifesti che riportavano proprio questa immagine, al fine di ottenere l’arruolamento di un numero elevato di soldati volontari: lo spirito patriottico e la campagna propagandistica messa in atto consentirono di reclutare, nel solo primo mese del conflitto, circa 500.000 uomini. M. Beltrame – cl. V A

Step into your place: commento al manifesto propagandistico.

Il manifesto qui rappresentato è stato prodotto dal sistema propagandistico britannico nel 1915, durante il secondo anno di guerra, ed evidenzia la necessità del governo di arruolare il maggior numero di soldati possibile da unire all’esercito impegnato in quella che è stata una logorante guerra di posizione. Il manifesto unisce testo “step into your place”, letteralmente “prendi il tuo posto”, e un’immagine fortemente comunicativa di una lunga fila di giovani uomini inglesi. Questa fila si compone di civili (in primo piano), rappresentati con abbigliamento e oggetti tipici di varie occupazioni lavorative e di diverse classi sociali (sono presenti borghesi, aristocratici, semplici operai, un giudice, un intellettuale ecc) e di soldati, rappresentati in prospettiva in una linea praticamente infinita, che pare non concludersi al bordo del manifesto. I messaggi veicolati da questo manifesto di forte impatto sono molteplici: da un lato l’invito ai civili ad arruolarsi nelle fila dell’esercito britannico (intento chiaramente espresso nella scritta), una vera e propria necessità per l’Inghilterra che stava fronteggiando il nemico degli imperi centrali; dall’altro lato esprime la necessità di una compartecipazione generale allo sforzo bellico, dal momento che tutti gli uomini, a prescindere dalla classe sociale di appartenenza, dal proprio livello culturale e dal proprio impiego, possono dare un identico contribuito alla causa britannica. In questo senso, l’esercito sembra svolgere un’importante operazione di livellamento sociale, rendendo gli uomini tutti uguali sotto una divisa e di fronte ai rischi della guerra. Si può notare come nella fila non compaia nessuna donna: certamente esse non parteciparono militarmente alla guerra ma ricordiamo che il loro ruolo è stato fondamentale durante il conflitto, in quanto esse sono state infermiere, giornaliste, fotografe e soprattutto grandi lavoratrici in grado di sostituire gli uomini in una varietà di occupazioni lavorative. Francesco Baraté – cl. 5 A 

Il secondo libro del fascista

Il Secondo libro del fascista fu pubblicato nel 1939 per la prima volta e al suo interno possiamo notare come l’argomento principale sia la razza, volendo instillare negli studenti questa visione della realtà. Vedendo come è strutturato il testo e cosa sostiene, è evidente come l’opera di propaganda fascista volesse plasmare la mentalità e i comportamenti degli italiani in chiave razzista e antisemita. Il libro comincia affermando che la specie umana è unica ma che in essa si distinguono le razze. Per definire cosa sia una razza, il testo sostiene che la razza è un gruppo umano i cui individui hanno dei caratteri simili, come per esempio il colore della pelle, le attitudini, la forma del cranio ecc. Data questa definizione, si dice che in Italia erano presenti stirpi di razza bianca, chiamate razze ariane, che discendevano da famiglie etniche molto nobili e apparivano legate nello sviluppo storico della civiltà, sostenendo che fosse documentato come nella storia i popoli di maggior civiltà fossero stati quelli appartenenti a tale razza, compresa la civiltà attuale. Dopo aver esaltato la razza ariana, il libro afferma che ci siano situazioni di pericolo o di decadenza e, pertanto, essa deve essere difesa sia in senso fisico che in senso spirituale, così da conservare la sua purezza e la sua capacità di dominio e ascesa. A tal riguardo, viene propagandato che il fascismo volesse portare l’unità italiana al suo massimo grado di efficienza e questo poteva avvenire soltanto rafforzando e purificando la razza. Viene messo in evidenza, in seguito, il pensiero razzista di Mussolini fin dagli albori del fascismo. Parlando, poi, di razze non ariane, il libro si concentra sugli ebrei, affermando sono presenti in tutto il mondo. Gli ebrei vengono chiamati semiti, si dice, perché sono una delle stirpi discendenti da Sem, che è il figlio di Noè. Le loro caratteristiche fisiche, si sostiene, li renderebbero distinguibili dalle altre persone. Sempre nel testo, vengono ricordate le leggi razziali, pubblicate nel 1938, che avrebbero avuto come obiettivo quello di preservare la razza italiana e, inoltre, contrastare il presunto complotto internazionale ordito dalla comunità ebraica ai danni dello stato fascista. È evidente, pertanto, come la propaganda razzista e antisemita sia stata uno dei punti cardine in quella che, nell’ottica di Mussolini, doveva essere la creazione di un nuovo tipo italiano. scritto da Veronica Basilico curato dal prof. Tomas Cipriani

Corriere dei Piccoli – Etiopia

NOME ARCHIVISTA Matteo FerrariDATA REPERTO 1935TIPOLOGIA REPERTO Fotografia di una pagina del Corriere dei PiccoliDESCRIZIONE REPERTOIl reperto è una pagina del Corriere dei Piccoli pubblicato nel 1935 e che racconta una storia in cui due bambini italiani riescono a sconfiggere alcuni soldati etiopi. Il fumetto aveva il chiaro intento di propagandare l’ideologia fascista e razzista. curato dal prof. Tomas Cipriani

Corriere dei Piccoli – Libia

NOME ARCHIVISTA Rudy PerelliDATA REPERTO 1912TIPOLOGIA REPERTO Oggetto di collezione privataDESCRIZIONE REPERTOLa fotografia rappresenta una pagina del Corriere dei piccoli del 1912 in cui viene descritta una scena razzista, per esaltare la spedizione coloniale italiana.